sabato 10 dicembre 2011

Miracolo a Le Havre



Tra anacronismo e attualità, uno dei migliori Kaurismäki
in assoluto

Marianna Cappi

Il lustrascarpe Marcel Marx vive a Le Havre tra la casa che divide con la moglie Arletty e la cagnolina Laika,il bar del quartiere e la stazione dei treni, dove esercita di preferenza il proprio lavoro. Il caso lo mette  contemporaneamente di fronte a due novità di segno opposto: la scoperta che Arletty è malata gravemente  e l'incontro con Idrissa, un ragazzino immigrato dall'Africa, approdato in Francia in un container e sfuggito  alla polizia. Con l'aiuto dei vicini di casa – la fornaia, il fruttivendolo, la barista - e la pazienza di un detective  sospettoso ma non inflessibile, Marcel si prodiga per aiutare Idrissa a passare la Manica e raggiungere  la madre in Inghilterra. 
Un cast di attori franco-finlandesi, con le facce e le fogge da polar melvilliano, interagiscono in quel di Le Havre in un quartiere dove ancora “buongiorno vuol davvero dire buongiorno”, per usare – assolutamente non a caso - una frase di Miracolo a Milano, di De Sica e Zavattini. Eppure, la battuta più bella ed emblematica del film è proprio: “restano i miracoli”, dice il dottore, “non nel mio quartiere”, chiosa Arletty. È tutto qui il miracoloso (questo sì) nodo di poesia e disincanto, ottimismo e amarezza di cui è fatto Le Havre , uno dei migliori Kaurismaki in assoluto. Il finale si preoccuperà poi di illuminare il concetto, con uno splendido e improbabile ciliegio in fiore: un altro mondo è possibile o ci vorrebbe davvero un miracolo perché una storia come quella di Idrissa accadesse nella realtà? Entrambe le cose, sembra dire il regista: il cancro che affligge il nostro modo di vivere e di agire è a un livello più che mai avanzato, ma “restano i miracoli”. 
D'altronde, il fondatore del Midnight Sun film festival, quando al suo meglio, non ha mai fatto altrimenti che promuovere ossimori – i Leningrad cowboys -, trovare ricchezza nella povertà, (far) reagire con straordinaria nonchalance di fronte all'incongruo (la scena dell'ananas, in questo film, è qualcosa che non si dimentica), mescolare magistralmente anacronismo e attualità. È un sognatore? Eppure il sole di mezzanotte è un fenomeno reale, astronomico, naturale.

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