domenica 21 luglio 2013

Cinema: Pacific Rim

Due ore di intrattenimento eccessivo, rutilante, perfetto per i nostalgici della fantascienza



Da una breccia inter-dimensionale creatasi nel profondo dell'Oceano Pacifico emergono i kaiju, mostri alieni giganteschi, con il solo scopo di cancellare l'umanità dalla faccia della Terra. Al fine di sopravvivere, le varie nazioni uniscono le proprie forze, cercando di contrastare l'invasione con il progetto Jaeger, che consiste nella creazione di enormi robot in grado di combattere ad armi quasi pari i terribili invasori; a comandarli due piloti, le cui menti vengono connesse da un ponte neuronale. Dopo aver perso il proprio fratello e co-pilota in un conflitto e aver lavorato alla costruzione di una muraglia di difesa, Raleigh Becket sembra essere l'ultima risorsa per sventare una vera apocalisse.
A cinque anni da Hellboy: The Golden Army, Guillermo Del Toro torna alla regia con un film smisurato almeno come le battaglie che mette in scena. Eccessivo, rutilante, perfetto per i nostalgici di un certo tipo di fantascienza - il genere "mostri giganti contro robot giganti" - che arriva fino a Neon Genesis Evangelion e oltre, Pacific Rim offre due ore di intrattenimento a colpi di scontri e immagini titaniche, di paesaggi devastati e prevedibilissimi percorsi di riscatto. Eppure sotto al rumore, l'autore di Il labirinto del fauno si sente, ben al di là dell'enfasi emotiva di cui sono imbevute molte situazioni e di un meccanismo narrativo che non riserva alcun tipo di sorpresa. Anche in un blockbuster in piena regola come questo si avverte, infatti, il desiderio di sprofondare nella fascinazione per il meraviglioso, nella sfida all'ordinario, nella stilizzazione propria del fumetto. Riscrittura del genere kaijū eiga portata avanti con spirito appassionato, il soggetto di Travis Beacham fila liscio su binari prestabiliti, senza deviazioni o imprevisti, innalzandosi dalla propria intrinseca medietà grazie ad un occhio più attento a ciò che accade intorno ai pur pregevolissimi combattimenti tra mostri e robot: non tanto nelle dinamiche e nello sviluppo dei personaggi, quasi tutti monodimensionali in realtà, ma nell'inusuale attenzione all'aspetto dato a un pianeta in ginocchio, in cui le città sono cumuli di macerie tra rifugi e postriboli nei quali i resti dei kaiju sono oggetto di un organizzatissimo mercato nero; tra i personaggi più memorabili spicca proprio Hannibal Chau, trafficante di organi alieni cui presta il volto Ron Perlman, attore caro al regista sin dai tempi di Cronos. Quelli che potrebbero sembrare i maggiori difetti del titolo, l'alternarsi tra ignizioni di testosterone e massicce dosi di retorica (mai patriottica, piuttosto sentimentale, di genere potremmo dire), sono in parte ribaltati da una maturità di fondo assente in simili prodotti: la spiegazione della venuta dell'apocalisse, di fatto, inchioda l'uomo ai suoi stessi comportamenti, a una diffusa mancanza di saggezza. E non è poco. Nella mente del cineasta messicano, che firma la sceneggiatura insieme a Beacham, il progetto a lungo inseguito di una riduzione del lovecraftiano "Le montagne della follia" ha comunque sedimentato.

Nonostante i commenti negativi della critica si tratta di un "filmone" tutto combattimenti, ma godibile e con un certo pathos. Divertente

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