martedì 22 luglio 2014

Milonga: Milonga Loka

il nome non mi piace, ma alla fine sempre della Comuna stiamo parlando.
La serata parte molto piano ma poi si anima il giusto.
Io un po stanco, non ballo sicuramente al meglio, ballo con sconosciute con non tanta fortuna, si migliora con le due ultime tande.
all'1 si torna a casa

sabato 19 luglio 2014

Cinema: Transformers 4

Parte sequel e parte reboot, il capitolo più ambizioso e concettuale della saga robotica per eccellenza


Cinque anni dopo i disastrosi eventi che hanno devastato Chicago, trasformandola in un campo di battaglia, la CIA ha segretamente deciso di mettere fine alla presenza dei Transformers sul suolo terrestre. Persino il leader degli Autobot, Optimus Prime, è costretto a nascondersi, almeno finché Cade Yeager, un inventore temerario ma sfortunato, finisce per ritrovarlo accidentalmente.
Può sembrare irriverente o provocatorio cercare tracce di un discorso meta-filmico nell'epopea robotica di Michael Bay, ma ripartire da una sala cinematografica in rovina, da un'immagine che dopo The Canyons di Paul Schrader è divenuta topos persistente, non è una scelta che appartiene al caso. Anche perché poco o niente appartiene al caso in un universo come quello di Michael Bay, guidato dalle esigenze commerciali o dall'ambizione di tenere saldamente in pugno il bisogno di cinema adrenalinico dei teenager. Persino gli scivoloni di sceneggiatura, sovrabbondanti nei 165 minuti di Transfomers 4, o gli accenni a derive filosofiche, che lasciano trapelare una cosmogonia dalle gerarchie ancora misteriose, sono perfettamente funzionali al procedere di una macchina che è mirabile anche nella sua imperfezione. Che deve inciampare, cadere a pezzi per poi ricomporsi, come Optimus Prime e i suoi Autobot, uniti nel masochistico tentativo di insegnare alla razza umana i valori che quest'ultima tende a dimenticare. Proprio Optimus ritorna sotto forma di rottame di una civiltà passata, nascosto nel luogo più sicuro perché più dimenticato: una sala cinematografica abbandonata, con locandine di western che rimandano a un'altra idea di America e di eroismo, sepolta dalla mediocrità che troppo spesso si accompagna al progresso. Il paradosso di un tentativo, per quanto abbozzato, di messaggio morale refrattario all'evoluzione tecnologica senza se e senza ma - apparentemente antitetico al concetto stesso alla base della saga Transformers - conduce Bay verso un'affascinante contraddizione, che sposta il focus dalla Trasformazione (ed Evoluzione, come sottolinea l'incipit che ancora una volta riscrive la storia, anzi la preistoria) alla Creazione, ovvero al non visibile, non comprensibile (e non filmabile) per eccellenza. A ciò che neanche la tecnologia più spinta e tridimensionale è in grado di spiegare. Gli umani dimenticano la materia di cui sono fatti nel tentativo di ricrearla, nel cinema come nella vita. Ma ci sono cose che non si possono conoscere né ricreare. Michael Bay affronta il mistero della creazione alla sua maniera, implicando che l'atto stesso di creare celi un sentimento egoista di possesso. È così per un padre troppo apprensivo e incapace di separarsi dalla figlia (antitesi del Willis di Armageddon), è così per un magnate geniale ma soffocato dalla hybris. E infine è così per quei misteriosi Creatori che, smarriti nell'immenso big picture del cosmo, finiscono per ignorare il dettaglio di vite e atti eroici come quelli di Optimus Prime e dei suoi nuovi amici umani. Il nucleo di Transformers 4 e il suo significato ultimo stanno qui, nell'unica evoluzione possibile dopo l'audacia iconoclasta del terzo eccellente episodio della saga.
Spiace che Bay si trovi costretto a nascondere il senso profondo dell'opera nel confortevole inganno della consuetudine, fatta di macchine iperveloci, ragazze succinte e patriottismi quasi macchiettistici, ma è parte del gioco e lo si accetta per questo. Come Steven Spielberg, di cui Bay rappresenta l'immagine rozza e meno elegante ma in fondo speculare, il regista di Pearl Harbor sa che è la coniugazione di entertainment e slancio concettuale, per quanto le percentuali siano diseguali, a rappresentare la forza del miglior blockbuster a stelle e strisce. Le citazioni colte restano, rivolgendosi forse a pochi, così come l'uso mirabilmente cinefilo di Hong Kong e delle sue location naturali, sfruttate attraverso duelli sviluppati verticalmente, tra balconi e condizionatori in caduta libera. Ma anche muoversi su più livelli di lettura e di target significa astuzia di marketing, al pari di dedicare pretestuosamente alla Cina e al suo crescente mercato una fetta consistente dell'opera: ma per Bay esigenze di business e di ricerca artistica, ancora una volta, non costituiscono un ossimoro.



giovedì 17 luglio 2014

Milonga: Sala Grande a Spazio A


un bel fresco mentre fuori si sudava.
tanta bella gente con cui è piacevole ballare e chiaccherare
Una serie di bei tanghi
Qualche bella tanda (direi tutte)

una bella serata di distrazione

giovedì 10 luglio 2014

Milonga: Tango Cargo

Milonga all'aperto allestita in uno spazio esterno di Cargo.
Pavimento in metallo piuttosto sgradito alle signore.
Gente mai vista (Mariposa ?) ma son delle ballerine interessanti e simpatiche ed un vero pacco.

divertente

Cinema: Tango Libre


Jean-Christophe è una guardia carceraria che conduce una vita priva di sorprese dividendosi tra il lavoro in prigione e la sua abitazione in cui ha come unica compagnia un pesce rosso. Si iscrive ad un corso di tango e lì fa la conoscenza di una giovane donna, Alice, che attrae la sua attenzione. La ritroverà nel parlatorio del penitenziario a colloquio con due detenuti. Uno, Fernand, è suo marito e l'altro, Dominic, è l'amante.
Frédéric Fonteyne fin dal suo esordio con Una relazione privata ha mostrato il suo interesse per la complessità delle relazioni amorose che si possono instaurare tra uomini e donne. Il suo pregio più rilevante, oltre a una costante ricerca estetica, era costituito dal 'non detto'. Il passato dei personaggi e il loro stesso milieu culturale stavano sullo sfondo. Ciò che contava era il loro esserci 'qui ed ora' con, in quel caso, una fantasia sessuale da soddisfare della quale lo spettatore non sarebbe mai venuto a conoscenza. È un peccato che dal film successivo La donna di Gilles abbia ceduto alla tendenza del raccontare troppo; difetto presente anche in questo film, in particolare nella parte finale.
Perché fino a quel punto si è attratti da come regista e attori riescano a rendere credibile l'intreccio di relazioni che Alice gestisce con una capacità di seduzione che il tango porta all'ennesima potenza. È attraverso le sue figure e la sua conclamata carica erotica che la danza fa breccia nel grigiore dell'esistenza di Jean-Christophe finendo con il fare da ponte tra l'esterno e l'interno delle mura carcerarie. Perché Fernand, accortosi dell'interesse della guardia, vuole continuare ad essere l'uomo di Alice e quindi chiede a un detenuto argentino di insegnargli i passi. L'iniziale dileggio machista degli altri carcerati finisce con il trasformarsi in una condivisione di passi e di regole che invece che costringere lasciano spazio a una forza dirompente e liberatoria.
Fonteyne pedina le reazioni, anche violente, dei suoi personaggi ma, ancora una volta, si lascia tentare dal sovraccaricare il soggetto (scritto insieme all'attrice protagonista e basato in parte su dati biografici) inserendo la figura del figlio adolescente di Alice che sarebbe bastata da sola per un intero altro film e che finisce invece per sfiorare la retorica alterando quella che si presentava come l'intrigante ed elegante fluidità di un passo a quattro.

molto carino

mercoledì 2 luglio 2014

Milanesiana: La Fortuna della Passione


Valeria Parrella, Diego De Silva,
Erica Jong, Wim Wenders, Andrée
Ruth Shammah, Trilok Gurtu
PICCOLO TEATRO GRASSI

Introduce
Andrée Ruth Shammah

Prologhi
Valeria Parrella
Diego De Silva

Letture
Erica Jong
Wim Wenders

Concerto
Solo percussion
Trilok Gurtu

Proiezioni
War in Peace (2007, 4’)
Invisible Crimes (2007, 24’)