giovedì 16 ottobre 2014

Mostra: Alberto Giacometti

Soli nel GAM, come gia altri giovedi sera dedicati alle mostre

Alberto Giacometti, uno dei più significativi scultori del Novecento, in mostra dall’8 ottobre 2014 al 1 febbraio 2015 alla GAM – Galleria d’Arte Moderna di Milano con capolavori assoluti quali Boule suspendue, Femme qui marche, La cage, Quatre femmes sur socle, Buste d’Annette o ancora la monumentale Grande femme.

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A cura di Catherine Grenier, direttore e capo curatore della Fondazione ‘Alberto e Annette Giacometti’ di Parigi, da cui arrivano le oltre 60 opere in mostra, l’esposizione è promossa dal Comune di Milano-Cultura, organizzata e prodotta dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE ed è la prima di 4 grandi mostre dedicate alla scultura che saranno ospitate dalla GAM di Milano, recentemente riallestita.
Il visitatore potrà seguire, attraverso le sculture, i dipinti e i disegni realizzati tra gli anni Venti e Sessanta, l’evoluzione artistica di Giacometti, dai suoi inizi in Svizzera alla maturità, trascorsa perlopiù nell’atelier di rue Hippolyte-Maindron a Parigi: un percorso cronologico che si articola in cinque sezioni, costituite a loro volta da diversi gruppi tematici, e che permette di ripercorrere la carriera dell’artista: dall’esordio a contatto con il Post-cubismo e il Surrealismo, all’età più avanzata, durante la quale il filo conduttore diventa la perpetua ricerca di qualcosa che gli sfugge.
A corredo e integrazione del percorso una selezione di disegni e schizzi, immagini d’archivio, foto intime e d’autore, che aiuteranno il visitatore a meglio contestualizzare il procedimento artistico di Giacometti, dal periodo Surrealista agli ultimi anni.

La mostra fa parte di “Milano Cuore d’Europa”, il palinsesto culturale multidisciplinare dedicato all’identità europea della nostra città anche attraverso le figure e i movimenti che, con la propria storia e la propria produzione artistica, hanno contribuito a costruirne la cittadinanza europea e la dimensione culturale.




venerdì 10 ottobre 2014

Beatles Submarine


Beatles Submarine è la beatlemania in palcoscenico, rivisitata dal talento stralunato di Neri Marcorè, cantante e filosofo “assurdista” e dei quattro professori della famigerata Banda Osiris.
Uno spettacolo concerto alla gioiosa, fantastica esplorazione dell’universo della più leggendaria band di sempre.
Un “Magical mystery tour” che raccoglie suggestioni, musiche, frammenti biografici, canzoni e racconti dei favolosi Beatles, una fantasmagoria visionaria e coloratissima, a dimostrazione che il fenomeno Beatles (a 50 anni dalla sua incredibile esplosione) non è stato una moda, ma una vera e propria cultura, fatta di rabbie dolci e speranze di fantasia al potere,

testo e regia Giorgio Gallione
con Neri Marcorè
e la Banda Osiris (Carlo Macrì, Gianluigi Carlone, Roberto Carlone, Sandro Berti)
immagini Daniela Dal Cin
video Francesco Frongia
costumi Guido Fiorato
luci Aldo Mantovani
produzione Teatro dell'Archivolto

Spettacolo veramente divertente e ben fatto, con arrangiamenti nuovi ed inaspettati delle canzoni dei Beatles.


giovedì 2 ottobre 2014

Cinema: Jimi - All is by my side



John Ridley si confronta con uno dei miti immortali del pantheon rock, affidandone il ruolo alla sorprendente interpretazione di André Benjamin

Vita e opere di Jimi Hendrix, dall'anonimato come turnista per Curtis Knight all'affermazione in terra britannica con la Jimi Hendrix Experience, tra donne che lo guidano, come Linda Keith, o che provano a amarlo, come Kathy XXX. Fino al festival di Monterey, che lo consegnerà definitivamente alla storia.
Il difficile equilibrio che è croce e delizia di ogni biopic - rispetto verso l'oggetto della narrazione e gratificazione dei fan da un lato, riuscita del film come opera d'arte autonoma dall'altro - porta a rari casi realmente soddisfacenti in ambito rock (tra le poche eccezioni Control di Anton Corbijn). John Ridley, già sceneggiatore di 12 anni schiavo, gioca una carta oltremodo ambiziosa, confrontandosi con uno dei miti immortali del pantheon rock. Accantonando possibili e perniciose derive legate alla morte di Hendrix, tra tesi fantasiose e moralismi fuori luogo, Ridley opta per il periodo musicalmente più creativo ed esplosivo del nostro, quello della gioventù trascorsa da star in ascesa nella swingin' London. Su Jimi: All is by My Side pesa come un macigno, prevedibilmente, l'impossibilità di utilizzare i brani firmati da Hendrix stesso, per esplicita volontà degli eredi: niente "Hey Joe" e "Purple Haze", quindi, con il momento di climax live (tipico dei biopic musicali) delegato curiosamente alla cover di Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, eseguita di fronte ai Fab Four. Considerato l'handicap grave di partenza con cui Jimi: All is by My Side ha dovuto fare i conti, lo sforzo di Ridley è encomiabile e induce a sorvolare sui molti punti di debolezza del film, che insiste sul ruolo di Imogen Poots - nei panni di Linda Keith - fino a renderla una sorta di coro, un punto di riferimento morale che veglia sulla vita di Jimi cercando di indicargli la retta via, sistematicamente smarrita.
L'icona rock è affidata alla sorprendente interpretazione di André Benjamin, rapper degli Outkast, che unisce a una straordinaria somiglianza fisica un notevole lavoro sulla caratterizzazione vocale. Notevoli tuttavia i deficit di scrittura, tali da far apparire Jimi perlopiù come un hippy superficiale che parla di colori e marziani destinati a tornare sulla Terra, con contorno di violenze domestiche e gratuite sulle malcapitate compagne. Una riduzione ai minimi termini del Mito che suona ancor più contraddittoria perché evidentemente involontaria, in un testo che si presenta come tutt'altro che critico verso l'oggetto della narrazione. Anche il confronto con l'impegno politico del militante nero Michael X resta abbozzato e non sortisce gli effetti sperati nella storicamente difficile contestualizzazione socio-politica di Hendrix (secondo la leggenda un ribelle iconoclasta, ma con pochi riscontri nelle testimonianze dirette).
L'uso insistito di un montaggio che spezza il flusso diacronico, anticipando visioni di ciò che verrà, e di un cross-dialogue che ben si sposa con la confusione dei locali bui frequentati dal protagonista, rappresentano un interessante tentativo di uscire dagli schemi più vetusti del biopic, tradito dallo stesso Ridley con il ricorso a freeze-frame enfatici che introducono la comparsa dei vari Clapton e McCartney nella vita di Hendrix.
Un'operazione non priva di fascino, in cui prevalgono i "se" e i "ma" su quel che avrebbe potuto (e dovuto) rappresentare rispetto alle riflessioni che scaturiscono da quanto effettivamente messo in scena.