mercoledì 30 dicembre 2015

Mostra: Sguardo di donna - Venezia


La mostra in se è abbastanza interessante, con delle eccellenze ma anche molte altre fotografe su cui rimango perplesso. 
Ma cosa migliore è per me per altro la "mise en scene"  affidata ad Antonio Marras: ogni piano una scenografia diversa, tutte di grande impatto.


SGUARDO DI DONNA
DA DIANE ARBUS A LETIZIA BATTAGLIA LA PASSIONE E IL CORAGGIO
11.09.2015>10.01.2016

Diane Arbus, Martina Bacigalupo, Yael Bartana, Letizia Battaglia, Margaret Bourke-White, Sophie Calle, Lisetta Carmi, Tacita Dean, Lucinda Devlin, Donna Ferrato, Giorgia Fiorio, Nan Goldin, Roni Horn, Zanele Muholi, Shirin Neshat, Yoko Ono, Catherine Opie, Bettina Rheims, Tracey Rose, Martha Rosler, Chiara Samugheo, Alessandra Sanguinetti, Sam Taylor-Johnson, Donata Wenders, Yelena Yemchuk

Tutti i giorni dalle 10 alle 19, chiuso martedì
La mostra rimarrà aperta sabato 26 dicembre, giovedì 31 dicembre, venerdì 1 gennaio (dalle ore 14.00), martedì 5 gennaio, mercoledì 6 gennaio. Chiusa venerdì 25 dicembre.

Francesca Alfano Miglietti, meglio nota come FAM, è teorico e critico d’arte, docente di Teorie e Metodologie del Contemporaneo all’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. La sua ricerca è incentrata su: il corpo e le sue modificazioni, il rapporto tra visibile e invisibile, contaminazioni di linguaggi. Tra le riviste che ha ideato e diretto, Intervallo/Incidenti e VIRUS Mutations. Commissario alla Biennale Arti Visive di Venezia 1993, e Premio Luigi Carluccio alla Critica d’Arte 1990. L’ultima mostra a sua cura è “FABIO MAURI - The End” a Palazzo Reale di Milano.

Antonio Marras disegna e raccoglie sguardi e frammenti per quelle che saranno poi le sue opere, un modo di tracciare mappe e segnare territori con l’idea del viaggio, che definisce confini e forme del contemporaneo. Suo l’allestimento al Mart di Rovereto della mostra di Lea Vergine Un altro tempo. Nel 2012 è, insieme a Lucia Pescador, protagonista della mostra Vedetti, credetti, a cura di Francesca Alfano Miglietti.






domenica 27 dicembre 2015

Mostra: Wildt, l'ultimo simbolista


La GAM Galleria d’Arte Moderna prosegue con la mostra “Adolfo Wildt (1868-1931). L’ultimo simbolista” il percorso di valorizzazione dei nuclei più significativi delle sue collezioni scultoree. 
Dal 27 novembre al 14 febbraio 2016, la mostra – realizzata con la straordinaria collaborazione dei Musées d’Orsay et de l’Orangerie di Parigi - presenta un percorso dedicato alla ricerca dello scultore milanese sulla resa plastica e materica attraverso 55 opere in gesso, marmo, bronzo, accompagnate da una serie di disegni originali e alcune opere a confronto: oltre alla Vestale di Antonio Canova,  opere di Fausto Melotti, Lucio Fontana e Arrigo Minerbi.
La mostra intende porsi al centro di un percorso storico-artistico allargato alla città di Milano, che valorizza  tutte le testimonianze wildtiane ancora esistenti attraverso un itinerario tematico diffuso, con visite guidate realizzate in collaborazione con il Touring Club Italiano e appuntamenti di approfondimento condivisi anche con il FAI, Fondo Ambiente Italiano.

sabato 26 dicembre 2015

Cinema: il ponte delle spie

bel film, molto spielberghiano. Bravissimo Tom Hanks, bella l'ambientazione e la storia.


Un film di bruciante attualità, profondamente consapevole della sua funzione sociale
Marianna Cappi      *  *  *  *  -

Brooklyn, 1957. Rudolf Abel, pittore di ritratti e di paesaggi, viene arrestato con l'accusa di essere una spia sovietica. La democrazia impone che venga processato, nonostante il regime di guerra fredda ne faccia un nemico certo e terribile. Dovrà essere una processo breve, per ribadire i principi costituzionali americani, e la scelta dell'avvocato cade su James B. Donovan, che fino a quel momento si è occupato di assicurazioni. Mentre Donovan prende sul serio la difesa di Abel, attirandosi l'incomprensione se non il disprezzo di sua moglie, del giudice e dell'opinione pubblica intera, un aereo spia americano viene abbattuto dai sovietici e il tenente Francis Gary Powers viene fatto prigioniero in Russia. Si profila la possibilità di uno scambio e la CIA incarica Donovan stesso di gestire il delicatissimo negoziato.
L'intro hitchcockiano cede man mano il passo ad uno svolgimento sempre più letterario, dove il racconto è già leggenda e ancora incertissimo presente, come esemplifica l'immagine tombale del muro di Berlino; e dove il Donovan di Tom Hanks sembra rispondere al paradigma dell'everyman, cappotto cappello ombrello, se non fosse che, nel cinema di Spielberg più che mai, l'apparenza in qualche modo inganna.
Donovan è infatti qualcuno che incarna il mestiere che fa, lo onora come una "professione". Non si occupa di giustizia, è un giusto. Se a lui appare incredibile che il suo assistito non si preoccupi visibilmente del suo destino, all'altro appare inizialmente inverosimile che l'avvocato non voglia sapere la verità sulla sua colpevolezza o innocenza. "Servirebbe?" No. Per lui, che ha già fatto il proprio dovere in Normandia (salvando il soldato Ryan), ogni uomo è importante, ogni vita. Donovan non vede Abel innanzitutto come una spia, un russo, un nemico: sceglie di guardarlo come una persona. Man mano che lo conosce, gli darà un colore e una profondità, fors'anche quella dell'amicizia o dell'ammirazione, ma la scelta riguardo allo sguardo da adottare l'ha fatta in partenza. Come il regista.
Lo dice bene la prima inquadratura, nella quale Abel sta dipingendo il suo autoritratto, con l'ausilio di uno specchio. L'immagine nello specchio e quella sulla tela sono immagini della stessa persona, ma non sono identiche. La prima riflette una superficiale obiettività, la seconda reca traccia del tempo e dei pensieri intercorsi nelle ore del fare, e soprattutto reca traccia del suo autore. Non conta quello che di te penseranno gli altri, dirà Donovan al soldato Powers, ma "quello che sai tu". Consegnando all'avvocato il dono del finale, Abel gli sta dunque dicendo: "ti conosco, so chi sei", ed è questo il riconoscimento che più può soddisfare uno come Donovan; di quello pubblico, teletrasmesso, può fare anche a meno, può dormirci su.
In un'epoca come la nostra, di sospetti quotidiani, intercettazioni isteriche, identificazioni affrettate di un uomo col suo credo, il suo abito o la sua provenienza, Il ponte delle spie è un film di bruciante attualità, profondamente consapevole della dignità della professione artistica e della sua funzione sociale.

domenica 20 dicembre 2015

Mostra: Henri Cartier-Bresson e gli altri: I grandi fotografi e l’Italia

Mostra piuttosto deludente, come mi era stato detto. Fatto salvo Bresson, Capa e pochi altri, la qualità delle foto era mediocre, certamente inferiore a quella dei fotografi italiani protagonisti di INSIDE OUT



Il primo è Henri Cartier-Bresson. A lui, indiscusso maestro, e al suo viaggio in Italia, durato oltre trent’anni, è affidato il compito di introdurre l’itinerario fotografico che, assieme a quelli di altri 35 autori, contribuirà a restituirci l’”immagine” del nostro Paese visto con l’obiettivo dei più grandi fotografi internazionali.

Dall’11 novembre al 7 febbraio 2016, a Milano, Palazzo della Ragione Fotografia ospita “Henri Cartier-Bresson e gli altri – I Grandi fotografi e l’Italia”, la seconda tappa di un evento espositivo iniziato con Italia Inside Out.

Per raccontare come i grandi fotografi internazionali hanno visto l’Italia in un arco di tempo di quasi ottant’anni, la mostra è divisa in sette ampie aree tematiche, all’interno delle quali si sviluppa una storia indiretta della fotografia e dell’evoluzione dei suoi linguaggi.

Promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo della Ragione, con Civita, Contrasto e GAmm Giunti e curata da Giovanna Calvenzi, la rassegna chiude il percorso dedicato all’Italia voluto nell’anno di Expo 2015 e iniziato lo scorso marzo, con la mostra dedicata ai fotografi italiani. Lo spazio espositivo del Palazzo della Ragione, interamente dedicato alla fotografia, inaugurato a giugno 2014 nel cuore di Milano, arricchisce il suo palinsesto con una selezione di imperdibili immagini.



“Dopo Italia Inside Out, la mostra  che nella primavera scorsa ha regalato al pubblico le immagini realizzate dai grandi fotografi italiani, apriamo ora, sempre a Palazzo della Ragione, la seconda parte di questo progetto che presenta lo sguardo, al tempo stesso incantato e attento, dei grandi fotografi internazionali sul nostro Paese. Affascinati dal suo paesaggio, dalla sua gente, dalla sua storia, gli artisti in mostra ci rivelano, a noi che lo abitiamo, lo stupore che il nostro Paese suscita all’estero, in culture e sensibilità diverse dalla nostra, costringendoci a riflettere sul valore del nostro patrimonio naturale, artistico, storico e sociale”, ha dichiarato l’Assessore alla Cultura Filippo Del Corno.Un progetto perfetto per ExpoinCittà, che ha saputo offrire ai milanesi e ai visitatori, in questi sei mesi, il meglio del talento creativo italiano e internazionale”.

Il lungo viaggio in Italia inizia con un autoritratto di Henri Cartier-Bresson del 1933: il suo sogno umanista di fermare il tempo, di cogliere il momento decisivo nel flusso in divenire della realtà influenzerà a lungo la fotografia di tutto il mondo e sarà adottato da generazioni di fotografi.

Dopo Cartier-Bresson, e il suo viaggio durato circa trent’anni, il reportage di Robert Capa al seguito delle truppe americane durante la Campagna d’Italia del 1943, segue l’elegante rilettura del mondo della fede affrontato da David Seymour e il fascino che un’Italia minore esercita su Cuchi White, ancora studentessa di fotografia. Poi la visione umanista si stempera nelle luci classiche del racconto di Herbert List o nella destabilizzazione della visione di William Klein che entra da protagonista nel provocatorio racconto di Roma del 1956. Infine Sebastião Salgado che, con la consueta magistrale capacità di rileggere la realtà degli uomini, racconta l’epopea degli ultimi pescatori di tonni in Sicilia.



Si passa poi alla fascinazione per la fotografia in bianco e nero nella quale la narrazione si allontana dal reportage ma conserva intatta la poesia della visione classica: è il viaggio di Claude Nori che ripercorre le strade dei ricordi sul litorale adriatico alla ricerca di radici familiari ma è anche la visione della capitale di Helmut Newton che in “72 ore a Roma” ricrea una passeggiata notturna nel centro monumentale della città.



Le nostre città d’arte e cultura diventano poiterreno di interpretazione e di sperimentazione dei molti linguaggi che la tecnologia contemporanea offre oggi alla fotografia. Alexey Titarenko racconta una Venezia magica, Abelardo Morell, ad esempio, utilizzando le tecniche del “foro stenopeico”, crea visioni nelle quali interni ed esterni si sommano, Gregory Crewdson riscopre la fotografia in bianco e nero per interpretare Cinecittà, Irene Kung invece ricrea un’atmosfera onirica per ritrarre i monumenti del passato e del presente di Milano.

A introdurre il quarto itinerario,affidato ad autori che utilizzano quello che per consuetudine viene definito “linguaggio documentario”, è Paul Strand, che con Cesare Zavattini ha realizzato una delle più straordinarie opere dedicate alla realtà contadina: Un Paese del 1953. Strand, attraverso ritratti, still life e paesaggi conserva la storia di un piccolo centro emiliano, Luzzara. A cinquant’anni di distanza ma con lo stesso intento Thomas Struth ritrae il centro storico di Milano e Joan Fontcuberta si dedica ai gabinetti delle curiosità dei Musei scientifici di Bologna e di Reggio Emilia.

Il Grand Tour continua toccando anche una fotografia più disturbante, quella dei disagi esistenziali e degli scempi architettonici:Art Kane, che progetta immagini-sandwich che raccontano la scomparsa di Venezia e di Michael Ackerman che racconta invece in una lunga sequenza un doloroso incontro napoletano.

Fanno da contraltare a queste immagini numerosi autori che rileggono il nostro Paese con sguardo positivo: Joel Meyerowitz racconta le luci magiche della Toscana e arricchisce le sue immagini con il contributo poetico di Maggie Barret, Steve McCurry, a Venezia, è affascinato dall’alchimia estetica che si crea tra le persone e l’ambiente e Martin Parr invece, sulla costiera Amalfitana, gioca con l’immagine dei turisti che si dedicano a ritrarre se stessi sullo sfondo di straordinari paesaggi.

Chiude idealmente il percorso espositivo la narrazione autobiografica: Nobuyoshi Araki, anche lui affascinato da Venezia, si fotografa con le maschere del carnevale e racconta in chiave soggettiva i suoi incontri. Sophie Zénon ripercorre la storia della sua famiglia, costretta a emigrare, affiancando i ritratti dei suoi nonni ai loro luoghi di provenienza e infine Elina Brotherus e i suoi autoritratti nel paesaggio che si ricollegano all’inizio del nostro itinerario allo stupefacente e modernissimo autoritratto di Henri Cartier-Bresson che ha dato il via a questo lungo viaggio.



In mostra fotografie di:
MICHAEL ACKERMAN, NOBUYOSHI ARAKI, JORDI BERNADÓ, ELINA BROTHERUS, ROBERT CAPA, HENRI CARTIER-BRESSON, GREGORY CREWDSON, JOHN DAVIES, JOAN FONTCUBERTA, HARRY GRUYAERT, ALEX HÜTTE, ART KANE, WILLIAM KLEIN, IRENE KUNG, HERBERT LIST, GUY MANDERY, IROYUKI MASUYAMA, STEVE MCCURRY, JOEL MEYEROWITZ, SARAH MOON, ABELARDO MORELL, HELMUT NEWTON, CLAUDE NORI, MARTIN PARR, , BERNARD PLOSSU, MARK POWER, SEBASTIÃO SALGADO, DAVID SEYMOUR, PAUL STRAND, THOMAS STRUTH, GEORGE TATGE, ALEXEY TITARENKO, HANS VAN DER MEER, CUCHI WHITE, JAY WOLKE, SOPHIE ZÉNON

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venerdì 18 dicembre 2015

Teatro: Puntila e il suo servo Matti

Satira sul capitalismo di cui talvolta ho perso il nesso, la piece è molto ben recitata e ben messa in scena. 


MR PÙNTILA E IL SUO SERVO MATTI
di Bertolt Brecht
traduzione di Ferdinando Bruni
regia e scene di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
costumi Gianluca Falaschi
musiche originali di Paul Dessau, arrangiamenti di Matteo de Mojana
con Ferdinando Bruni, Luciano Scarpa, Ida Marinelli, Corinna Agustoni, Elena Russo Arman, Luca Toracca, Umberto Petranca, Nicola Stravalaci, Matteo De Mojana, Francesca Turrini, Francesco Baldi, Carolina Cametti
luci di Nando Frigerio
suono di Giuseppe Marzoli
produzione Teatro dell'Elfo
foto Laila Pozzo

orari prezzi e altro
Considerata una delle migliori commedie di Brecht, Pùntila e il suo servo Matti mette in scena una "variante" del dottor Jeckyll e Mister Hyde: il ricco possidente Pùntila da sobrio è un tiranno che vessa e sfrutta i suoi dipendenti e vuol dare in moglie sua figlia a un diplomatico inetto e a caccia di dote, mentre, quando è ubriaco diventa amico di tutti e vuol far sposare la giovane al suo autista Matti, che tratta su un piano di parità.
Sfortunatamente le sbronze passano sempre! E spetta proprio al tagliente Matti il compito di smontare le false promesse del padrone, in un rapporto che richiama i nobili precedenti delle coppie Don Chisciotte/Sancho Panza o Don Giovanni/Leporello e che rimanda alle dinamiche fra il comico e la spalla delle comiche.

Un'allegoria del capitalismo e dei suoi sorrisi da caimano dove Karl Marx incontra suo fratello Groucho. Una "commedia popolare", secondo la definizione dello stesso Brecht, che nella versione di Bruni e Frongia sarà anche molto musicale, grazie agli interventi live di Matteo de Mojana e a un'affiatata compagnia di dodici attori di diverse generazioni. Ferdinando Bruni è lo schizofrenico Pùntila, affiancato dal servo Matti di Luciano Scarpa e da Ida Marinelli, Corinna Agustoni, Elena Russo Arman e Luca Toracca. Con loro gli "elfi d'adozione" Umberto Petranca, Nicola Stravalaci, Carolina Cametti e i nuovi scritturati Francesca Turrini e Francesco Baldi.


lunedì 14 dicembre 2015

Milonga: Biko

148 persone. Tante ne ho contate al Biko stasera. Considerando che la pista sarà 20 x 6 con due colonne in mezzo, facile capire il casino che c'era. Difficile ballare, difficile invitare, difficile pure solo stare in piedi.
Ballare ho anche ballato, ma male io, talvolta male le ballerine (quante principianti...).
Scappato presto. Più passa il tempo più ho bisogno di milonghe tradizionali.


venerdì 11 dicembre 2015

Teatro: Newsies


Da anni non vedevo un musical, che pure mi piacciono molto: un pò la mancanza di adepti che mi accompagnino, un po che ho una preferenza per i musical americani che raramente vengono in Italia (o che ho già visto) morale sono andato poco. Per Newbies stava per succedere la stessa cosa (mancanza di compagnia) ma una serie di fortunate coincidenze mi ha portato in prima fila.
Al di la dello straniamento di vedere i protagonisti cosi da vicino, (ho una preferenza per la galleria, specie per i balletti) mi sono goduto pienamente questo bello spettacolo fresco, ben interpretato e con una bella storia.
I maschi la fanno da mattatori e sono anche i più validi interpreti. 
Belle le musiche e le canzoni. Unica pecca le traduzioni in cui i congiuntivi sono assenti e la dissonanza uh se si sente!

Il sito del Musical

martedì 8 dicembre 2015

Cinema: Heart of the Sea

Ammetto un po di prevenzione per un film su questo argomento. Ma di solito Ron Howard fai dei buoni film di avventura e quindi mi sono fidato.
Alla fine ho avuto l'impressione di qualcosa comunque di "sfocato" in tutto il film: non so se erano scelte di fotografia o cosa, ma non c'è stata quell'immedesimazione che sempre mi accompagna quando un film mi piace davvero.
Buono ma un po deludente.

Poster Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick

Grazie a una struttura narrativa solida e quasi epica, Ron Howard indaga l'oceano di sentimenti che risiede nell'animo umano
Giancarlo Zappoli      *  *  *  1/2  -

Nell'inverno del 1820 la baleniera del New England "Essex", comandata dal capitano Polard spesso in contrasto con il primo ufficiale Chase, viene attaccata da una balena dalle dimensioni enormi. Pochi marinai si salvano e tra di loro Thomas Nickerson, che all'epoca era poco più di un bambino. Costui trent'anni dopo e con un'iniziale riluttanza accetta di raccontare l'esperienza vissuta allo scrittore Herman Melville. Sta per nascere uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi: "Moby Dick".
Ron Howard, come la stragrande maggioranza dei lettori del romanzo, non sapeva che alla base del lavoro di Melville ci fosse una storia realmente accaduta che lo scrittore Nathaniel Philbrick ha indagato nel libro "Il cuore dell'Oceano - Il naufragio della baleniera Essex", vincitore del National Book Award per la Saggistica. La possibilità di confrontarsi con una produzione tra le più complesse da lui mai affrontate si è coniugata con un tema che è centrale nella sua filmografia: la ricerca di se stessi attraverso le difficoltà da superare e lo scontro con qualcuno che rappresenta un ostacolo. 
Da Cinderella Man a Rush, passando per Frost/Nixon, Howard si è spesso sintonizzato su questa lunghezza d'onda ma Heart of the Sea gli ha offerto un'ulteriore possibilità. Il suo ruolo di narratore per il grande pubblico, senza però mai dimenticare la necessità del rispetto nei suoi confronti, trova nel personaggio di Melville il proprio doppio ideale. Herman come Ron si fa raccontare (a pagamento) una storia vera per poi intervenire sul suo intreccio con la propria creatività. Howard lo ha fatto molte volte nel corso della sua carriera (pensiamo ad esempio ad Apollo 13) quasi volesse alternare la fiction di pura invenzione con degli ancoraggi alla realtà. 
C'è il respiro della classicità cinematografica nel modo in cui riprende l'avventura che vede protagonisti degli esseri umani e un cetaceo che, come lui stesso afferma, non ha nulla de Lo squalo perché preferisce accostarlo a King Kong leggendo in esso il simbolo di una Natura primordiale risvegliata dall'essere umano. Non si dimentica però anche di sottolineare come la balena bianca, divenuta grazie a Melville un soggetto a cui attribuire innumerevoli interpretazioni simboliche, fosse, al pari dei suoi simili, oggetto di un preciso sfruttamento economico perché l'olio di balena è stato l'antesignano del petrolio.
Se nel '700 si stimava la presenza negli oceani di cetacei attorno al milione di unità alla fine del secolo successivo esse erano ridotte a circa un terzo. Howard però non è interessato a realizzare un film 'ecologista' quanto piuttosto ad indagare, grazie a una struttura narrativa solida e quasi epica, l'oceano di sentimenti che risiede nell'animo umano e che l'immensa coda della balena sembra voler scuotere per metterne a nudo i moti e solcarne gli abissi.

lunedì 7 dicembre 2015

Milonga: Epoca Sant'Ambroeus

Approfitto delle feste per ritornare alla Comuna. Speravo di trovare poca gente ed invece c'è il mondo. Un casino veramente forte, anche se tutto sommato più ordinato del solito (non di molto).
Ballato tanto, non sempre con soddisfazione, ma tanto. Forse una decina di tande. Un paio belle, un paio faticose, le altre medie.
Andato a casa con riluttanza dopo le due..

venerdì 4 dicembre 2015

Milonga: Che Bailarin

Da Zotto si può stare tranquilli di trovare una buona atmosfera, buona musica ed almeno qualche buona ballerina, Anche stasera non è diverso: un'ottima prima tanda, un'ottima ultima, alcune intermedie cosi cosi.
Tutte o quasi ballerine sconosciute. Non trovo più il vecchi gruppi, non so se per loro dissoluzione o per spostamento.