venerdì 17 giugno 2016

Milonga: Gotan Night da Zotto

Ci avevo pensato il giorno prima che da tanto tempo non si faceva una Gotan night... ed eccomi accontentato.
Ho ballato fino a sfinirmo per approfittare: musica sempre bella, talvolta veramente impegnativa da ballare.
Trovato partner per la maggior parte valide e divertenti, fra cui la professoressa che non incontravo da un pò.
Finito in bellezza con una nuova ballerina, Silvia. con cui mi sono trovato molto bene.

Bellissima serata

Balletto:L'eco dell'acqua - Lost Shadows - #hybrid - BLISS

Serata molto interessante, balletti non tutti sullo stesso livello. #Hubrid bellissimo, Bliss magico (ma è la musica che seduce di più), gli altri due cosi cosi




Quinta stagione per la collaborazione artistica tra Aterballetto e Piccolo Teatro, ormai una vera e propria ‘residenza’. Due serate, due programmi suddivisi fra sei coreografi nel segno dei grandi valori assodati e del rinnovamento.
In programma per questo primo appuntamento quattro novità firmate da Philippe Kratz, L'eco dell'acqua e #hybrid, Eugenio Scigliano, Lost Shadows e Johan Inger, recente vincitore del Premio Benois de la Danse come migliore coreografo, Bliss.
Un programma che ben sintetizza il percorso intrapreso dalla direttrice artistica Cristina Bozzolini con l’intento di rinnovare il repertorio della compagnia, affiancando autori internazionali a nuovi talenti italiani.

Il primo brano della serata è L'eco dell'acqua di Philippe Kratz, ispirato alla poesia di Goethe Canto degli spiriti sulle acque sul tema del destino: come l'acqua, anche l'anima dell'uomo viene dal cielo e al cielo ritorna, dopo un passaggio sulla terra.

Segue il passo a due Lost Shadows di Eugenio Scigliano "ombre di un ricordo di cui si sono perse le tracce"... sulle musiche di Franz Schubert.

La danza sulle punte si intreccia alla street dance in #hybrid, secondo brano della serata firmato Philippe Kratz. Un passo a due sulle musiche di Romare, mescolanza di suoni afro-americani che accompagna e avvolge stili di danza differenti, pensati spesso come opposti che si fondono in un armonico finale.

La serata si chiude con il nuovissimo Bliss: dopo Andonis Foniadakis, quest’anno Aterballetto ha affidato a Johan Inger il compito di creare una nuova coreografia per la compagnia, con la quale aveva già lavorato per la ripresa di Rain Dogs, visto al Teatro Strehler nel 2014. Bliss si ispira al Köln Concert di Keith Jarrett, improvvisazione jazz solista eseguita all'Opera di Colonia nel 1975. Considerato il più famoso album di jazz solo "ha inspirato e toccato milioni di persone - ha detto Inger - grazie al suo perfetto tempismo nell'attirare una generazione che si muoveva da una parte all'altra della propria vita".


Recite concluse
 locandina
Piccolo Teatro Strehler
dal 14 al 17 giugno 2016
martedì e giovedì ore 19.30; mercoledì e venerdì ore 20.30

Aterballetto – Fondazione Nazionale della Danza

L'eco dell'acqua
coreografia e ideazione scene Philippe Kratz
musiche Federico Albanese, Jonny Greenwood, Howling, Arvo Pärt, Sufjan Stevens, The Haxan Clock
sound design OOOPStudio
costumi Costanza Maramotti e Philippe Kratz
luci Carlo Cerri
realizzazione costumi Sartoria Aterballetto – Francesca Messori e Nuvia Valestri
con Noemi Arcangeli, Saul Daniele Ardillo, Damiano Artale, Hektor Budlla, Alessandro Calvani, Martina Forioso, Marietta Kro, Ina Lesnakowski, Valerio Longo, Ivana Mastroviti, Riccardo Occhilupo, Giulio Pighini, Roberto Tedesco, Lucia Vergnano, Serena Vinzio, Chiara Viscido
durata: 30 minuti

INTERVALLO (15 minuti)

Lost Shadows
coreografia Eugenio Scigliano
musica Franz Schubert
sound design OOOPStudio
costumi Kristopher Millar & Lois Swandale
luci Carlo Cerri
realizzazione costumi Sartoria Aterballetto – Francesca Messori e Nuvia Valestri
con Serena Vinzio, Roberto Tedesco (14 e 16 giugno)
Martina Forioso, Damiano Artale (15 e 17 giugno)
durata: 12 minuti

#hybrid
coreografia e ideazione costumi Philippe Kratz
musica Romare
luci Carlo Cerri
realizzazione costumi Sartoria Aterballetto – Francesca Messori e Nuvia Valestri
con Martina Forioso, Valerio Longo (14 e 16 giugno)
Noemi Arcangeli, Hektor Budlla (15 e 17 giugno)
durata: 7 minuti

INTERVALLO (15 minuti)

Bliss
coreografia Johan Inger
musica Keith Jarrett
scene Johan Inger
costumi  Johan Inger e Francesca Messori
luci Peter Lundin
assistente alla coreografia Yvan Dubreuil
realizzazione costumi Sartoria Aterballetto – Francesca Messori e Debora Baudoni
con Saul Daniele Ardillo, Damiano Artale, Martina Forioso, Philippe Kratz, Marietta Kro, Ivana Mastroviti, Roberto Tedesco, Serena Vinzio (14, 15, 17 giugno)
Noemi Arcangeli, Hektor Budlla, Alessandro Calvani, Ina Lesnakowski, Valerio Longo, Giulio Pighini, Lucia Vergnano, Chiara Viscido (16 giugno)
durata: 27 minuti


domenica 5 giugno 2016

Cinema: Warcraft - l'inizio



Filmone Fantasy ma ben fatto, con una trama non banale e tonnellate di effetti ben realizzati. Divertente.
Con Filo


Primo capitolo di una saga fantasy potentemente allegorica. Non c'è spazio per le sfumature ma il cast è indovinato e il ritmo sostenuto.
Marianna Cappi      *  *  *  -  -


Il regno di Azeroth vive in pace da anni, sotto il governo benevolo dell'umano Re Llane e di sua moglie - sorella del più fido guerriero del re, Lothar - e sotto la protezione del concilio del Kirin Tor e di Medivh, Guardiano del regno e suo mago più potente. Ora, però, Azeroth è pericolosamente minacciato dall'invasione, attraverso un oscuro portale, degli orchi di Draenor, brutali creature nate per combattere e comandate dal crudele sciamano Gul'dan. Tra loro, solo Durotan, amato e rispettato leader del Clan dei Lupi Bianchi, è disposto a mettersi contro il tiranno per porre fine al suo delirio di distruzione. Ad ogni costo. Anche se per farlo dovrà cercare l'alleanza degli uomini. 

I numeri degli umani che, dal momento del lancio, hanno comprato il software e aperto un account per entrare nel "World of Warcraft", nelle sue prime e successive uscite, è strabiliante: una moltitudine difficile da visualizzare, esattamente come l'orda di orchi del film, e un fenomeno con radici multiple, legato a sua volta ad un universo di pensiero di diviso in due e zeppo di pregiudizi. Chi sono gli utenti di Warcraft, un'orda di sociopatici frustrati o un'alleanza di creativi, interpreti sani delle opportunità della globalizzazione digitale? Il film giunge come risposta universale: nel buio della sala si potranno sedere gli uni e gli altri, spettatori di ogni età, giocatori virtuali e fini biblisti (il figlio di Durotan viene messo dalla madre in una cesta e affidato alla corrente proprio come Mosè, in attesa di rivestire un ruolo fondamentale nel prossimo capitolo della saga), riuniti e pacificati nel nome del fantasy e della sua natura potentemente allegorica. 
Gli orchi che si affollano all'entrata del portale magico per l'altro mondo, dopo che il loro è stato raso al suolo dalla politica di un dittatore assetato di sangue e potere, sono infatti personaggi dell'oggi e di sempre, che le magie grafiche della ILM e gli occhialini 3D permettono di vedere in più dimensioni: da lontano come branco indistinto, preda di tradizioni tribali e rumorose, e da vicino, come esseri più che mai antropomorfi, la cui etica è spesso più solida di quella degli uomini stessi. 
Duncan Jones, specialista di storie a cavallo tra due mondi, si cimenta col kolossal con discreto successo, guardando decisamente più verso L'Ultimo dominatore dell'aria che alle creature di Peter Jackson e indovinando perfettamente il cast, a partire da Travis Fimmel nei panni di Lothar. 
Una guerra senza buoni o cattivi, dove la violenza stessa è presupposto e condanna, ultima ratio e unica alternativa. Jones asseconda l'urgenza narrativa con grande senso del ritmo e fa del suo meglio per spianare un sentiero emotivo riconoscibile nel campo troppo vasto, monocromatico e caotico che è di sfondo agli Orchi. Non è che l'inizio della saga, dunque le priorità narrative sono molte e lo spazio per le sfumature risicato. Il limite maggiore del film sta infatti nella natura classica e prevedibile degli snodi di trama e si ha la sensazione di star assistendo a ciò che deve accadere prima che cominci il bello. Per fortuna, non tutto è rimandato: attorno ai personaggi del dolente Lothar, della mezzosangue Garona e di Khadgar, l'apprendista guardiano, prende rilievo un film nel film in grado di appassionarci quanto basta fino allo scadere del tempo.



venerdì 3 giugno 2016

Milonga: Che bailarin

Buona serata, ballato tanto con ballerine di livello vario ma con un paio di buone scoperte.
Nessuna ballerina conosciuta presente
Bella musica


Cinema: Le confessioni

Film a tema, ma confuso e con una morale a volte incomprensibile ed a volte troppo facile e scontata.
Due ore di noia.



La visione metafisica e stupefatta di Andò è accompagnata da una narrazione luminosa e poetica
Paola Casella      *  *  *  -  -


In un resort di lusso a bordo di una distesa d'acqua gli otto ministri economici delle grandi potenze soggiornano in attesa del summit che deciderà il futuro del mondo occidentale. Il consesso è presieduto da Daniel Roché, direttore del Fondo monetario internazionale, che ha invitato anche tre ospiti estranei al mondo dell'economia: una scrittrice di best seller per bambini, una rock star e un monaco, Roberto Salus. Roché chiede a Salus di ascoltare la sua confessione, e subito dopo viene trovato morto. Per i ministri le decisioni diventano tre: se quella morte sia un suicidio o un omicidio, come comunicarla al pubblico, e se si debba proseguire con la manovra che i ministri avrebbero dovuto varare nel corso del summit.

Dopo il successo di Viva la libertà, Roberto Andò affronta l'habitat politico-economico collocando i suoi personaggi nel pieno centro della scena, ma anche costringendoli in una sorta di laboratorio di osservazione suddiviso in loculi. Gli otto ministri formano il pantheon della contemporaneità occidentale, e come gli dèi dell'Olimpo sono fallibili e fallati, dunque le loro decisioni hanno spesso ricadute nefaste sui mortali. Quando il loro Zeus viene a mancare scoprono di non avere né una guida né una direzione, e ognuno comincia a reagire alla presenza del monaco portando alla coscienza (è il caso di dirlo) quel dubbio che ha fino a quel momento negato per obbedire alle leggi dell'economia e alla ragion di Stato, anche dopo che la sovranità nazionale si è arresa alla sottomissione al Fondo monetario. Siamo in zona Todo modo ma anche nella cornice dechirichiana de Il divo: pochi potenti in uno spazio asettico e confinato chiamati a confrontarsi con la dimensione etica del proprio ruolo, in un resort lussuoso e alienante che ricorda l'albergo termale di Youth, ma in cui il rapporto trompe l'oeil fra interni ed esterni - che è come dire fra interiorità ed esteriorità - richiama anche la residenza isolana de L'uomo nell'ombra.
La messinscena racconta una dimensione metafisica che a ben guardare non riguarda né la politica né l'economia e nemmeno la religione o l'arte, incarnate simbolicamente dai tre ospiti estranei al G8: il terreno di gioco è quello etico e Salus, diversamente dal Don Gaetano di Todo Modo, non ha i toni dell'inquisizione e non sollecita le confessioni di nessuno, ma si limita a raccogliere lo spaesamento di questi potenti del nulla, incapaci di portare i propri paesi fuori dalla crisi, o anche solo di confessare pubblicamente la propria inadeguatezza. Salus fa da cartina di tornasole dei dubbi e dei rimorsi di tutti, e i personaggi, né più né meno dei luoghi che attraversano, entrano ed escono da se stessi in un continuo gioco di sovrapposizioni e successivi disallineamenti fra (presa di) coscienza e reiterazione di un ruolo preconfezionato dalla Storia.
La regia di Andò è nitida e squadrata, racconta un mondo inerte persino nell'emergenza, muove le sue pedine in un tempo sospeso che diventa immateriale non perché "variabile dell'anima" ma perché non rivendicabile nemmeno da chi mette a punto gli orologi che segnano il ritmo di vita del resto del mondo. Salus, che si è congedato dall'universo materiale e dalla sua (presunta) codificazione matematica, diventa con la morte di Roché la "lettera d'addio" del capo degli dèi: una lettera da non aprire, impedendo a quel "grido dell'anima" che è ogni confessione il suo sfogo. Da un punto di vista cinematografico, l'immobilismo che Andò racconta rallenta la narrazione luminosa e poetica: chissà se lo spettatore medio saprà sincronizzare il proprio tempo interiore a quello dilatato della storia narrata.
Il cast di Le confessioni asseconda la visione metafisica e stupefatta del suo regista: Toni Servillo è un catalizzatore morale passivo e sibillino, Pierfrancesco Favino un ministro agìto dal suo ruolo e condannato ad essere estraneo a se stesso. Nessuno scambio verbale è spontaneo perché ogni frase è un testamento, ovvero una confessione. Ma per questi dèi condannati a governare il caos non c'è assoluzione, solo la possibilità di compiere una presa d'atto della propria intrinseca manchevolezza.