giovedì 5 settembre 2013

Cinema: il fondamentalista riluttante


centro sta il giovane professore Changez Khan. Il sequestro di un suo collega americano fa precipitare la situazione. È proprio in questo momento delicato che Khan accetta di farsi intervistare dal giornalista americano Bobby Lincoln al quale decide di raccontare la propria vita di giovane professionista rampante nel campo della finanza, cooptato dal capo di un grosso studio newyorchese che ne individua le notevoli capacità. Nell'ambiente della upper class Changez sembra aver anche trovato l'amore nell'artista fotografica Erica. Tutto va bene per lui quindi fino a quando l'11 settembre 2001 cambia di colpo le prospettive. La sua vita comincia a mutare di segno: è diventato improvvisamente l'islamico da amare od odiare, non più una persona.
Chi ricorda il film collettivo 11.09.01 in cui si raccoglievano corti di eguale durata che facessero riferimento all'attentato alle Twin Towers non può aver dimenticato l'episodio diretto da Mira Nair in cui si raccontava di uno studente in medicina pakistano residente a New York scomparso dopo il crollo e sospettato di legami con Al Qaeda. Fino a quando il suo corpo non venne ritrovato e si capì che era morto nel prestare soccorso. Lì si trovano le radici di questo film che non mancherà di suscitare contrasti. A partire da uno del tutto interno al subcontinente indiano perché un'indiana si permette di girare un lungometraggio sulla cultura di un Paese confinante ma ostile (in cui il padre della regista era stato giovane). Tutto ciò non passerà senza polemiche. C'è poi la riflessione su come si può diventare integralisti vista non più attraverso il reclutamento nelle fasce più incolte della popolazione di una manovalanza pronta anche ad immolarsi. Changez proviene da una famiglia non più abbiente ma di classe medio alta. Ha un padre poeta con un suo seguito nel Punjab e si inserisce, grazie alle sue doti, in uno Studio di valutazione finanziaria che lo mette in contatto con settori del establishment newyorkese.
Più che nell'esplicito confronto/scontro/tentativo di comprendersi tra Changez e Bobby, la chiave di lettura del film sta nel sottoplot sentimentale. È proprio nel territorio apparentemente tutto da costruire del sentimento che si rivelano le crepe più insidiose destinate a far crollare un'integrazione possibile. Perché inizialmente il giovane pakistano deve compiere una sorta di mimesi nella relazione per cercare di far superare una difficile elaborazione del lutto. Si troverà amato, anche dopo l'11 settembre. Ma come diverso, quasi nonostante. Come se la colpa di alcuni si rovesciasse su tutti. Mira Nair non dimentica poi di sottolineare come l'eliminazione dal mondo del lavoro di migliaia di persone sia una forma di omicidio in guanti bianchi. Ce lo ricorda con una breve scena in cui il padre di Changez, uomo di lettere ma ben radicato nella realtà, gli fa notare come un sentimento di empatia possa nascere dal confronto diretto con la realtà. I licenziati invece sono solo numeri in una statistica. Così come un ostaggio eliminato brutalmente o un giovane ucciso accidentalmente possono essere immagini che il mondo potrà utilizzare per continuare ad alimentare l'odio oppure superficialmente dimenticare in fretta.

Gran bel film, teso e pieno di spunti di riflessione.

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