martedì 30 aprile 2013

Milonga: Biko

Ogni volta il Biko mi stupisce. Mi stupisc eper l'energia che c'è in quel luogo e ti contagia e ti fa sentire meglio anche se arrivi li con il mal di testa.
Musica live stasera, un po difficile da ballare ma bella da ascoltare. Tanta gente e pista tipo flipper, ma almeno sul presto qualcosa si è riuscito a ballare.
Ballato con una nuova ragazza, Ilaria, molto bene, il resto nella norma.

Non vedo l'ora di tornare!

sabato 27 aprile 2013

Una storia americana, fotografie di Gordon Parks.


“Those people who want to use a camera should have something in mind, there's something they want to show, something they want to say”.
Gordon Parks




Gordon Parks è un narratore unico dell'America, in grado con il suo apparecchio fotografico e la sua capacità di comprendere e scavare dentro le pieghe della società, rivelare le ingiustizie e i soprusi, portare alla luce la storia di chi non aveva voce per gridare la propria storia.
Tra i fotografi più importanti del ventesimo secolo, dagli anni Quaranta fino alla sua morte, nel 2006, Parks ha raccontato al mondo, soprattutto attraverso le pagine della rivista Life, la difficoltà di esser nero in un mondo di bianchi, la segregazione, la povertà, i pregiudizi, ma anche i grandi interpreti del ventesimo secolo, il mondo della moda e perfino le grandi personalità del mondo in pieno cambiamento, come Malcom X, Muhammed Ali e Martin Luther King.
Personalità eclettica come non mai (“Uomo del Rinascimento”, veniva chiamato già ai tempi della sua collaborazione con Life), oltre che fotografo Parks è stato regista, scrittore, musicista, poeta e se il suo lavoro sfugge a una semplice catalogazione, forse la chiave per comprenderlo al meglio è quella del narratore di professione, lo storyteller della tradizione orale che usa la sua stessa esperienza, vissuta e sofferta, per comporre le storie.
In tutta la sua carriera, Gordon Parks ha cercato di raccontare molte storie, illustrandole con immagini esemplari. Storie di gruppi di persone che lottano per sopravvivere, piccole comunità lontane dal mondo, personaggi alla deriva o già sotto i riflettori che però devono essere compresi meglio di quanto non accada.
Vere o verosimili, nate dai drammi profondi, vissute sulla sua stessa pelle di ex ragazzo nero condannato a morire prima di nascere o costruite nell’alchimia della pura finzione, le storie di Gordon Parks sono tutte autenticamente sentite, tutte raccontate come visioni genuine e nate dalla volontà di incidere sulla realtà, affermando attraverso il racconto per immagini la propria opinione e la necessità di gridarla forte al mondo.
La mostra di Forma è la prima grande retrospettiva europea dedicata la suo lavoro, alla sua profonda poesia, alla sua fotografia classica, potente e profondamente cinematografica.

La mostra a cura di Alessandra Mauro è accompagnata da un catalogo edito da Contrasto.

Gordon Parks. Una storia americana è un progetto realizzato dalla Gordon Parks Foundation di New York in collaborazione con Forma.

venerdì 26 aprile 2013

Cinema: Oblivion




Il film riconduce il genio di Kosinski dentro il sistema hollywoodiano e sancisce la fumettizzazione del cinema d'avventura
Gabriele Niola            

Nella seconda metà degli anni 2000 la Terra è stata devastata da una guerra nucleare che gli umani hanno combattuto e vinto contro gli invasori alieni. La Luna è stata distrutta e questo ha causato terremoti, tsunami e diversi sconvolgimenti che hanno reso il pianeta una landa desolata in cui è possibile solo scorgere qualche rovina di quel che è stato.
In seguito alla devastazione l'umanità è in esodo su Titano mentre sul nostro mondo gli ultimi impiegati si assicurano che i grossi macchinari che prosciugano le risorse naturali (per generare energia utile alla vita sul nuovo pianeta) non siano distrutti dai pochi alieni rimasti. Due di questi impiegati, quasi arrivati al termine del proprio impiego, si imbattono in alcuni astronauti lanciati nello spazio decenni prima ma ora atterrati rovinosamente, che il sistema inspiegabilmente riconosce come "minacce".
La storia, scritta dallo stesso Kosinski per una graphic novel mai realizzata, è diventata progetto cinematografico dopo l'interessamento di Tom Cruise. Questa genesi aiuta a comprendere molti dei pregi di un film che sancisce la definitiva fumettizzazione del cinema blockbuster statunitense. Dopo il successo e il profluvio (per nulla terminati) di film direttamente tratti dai fumetti, negli ultimi anni tutto il comparto d'azione, anche quello originale, è contaminato da dinamiche, figure e strutture tipiche del fumetto.
La forma della graphic novel è la nuova cianografia su cui raccontare l'eroismo per il grande pubblico e non ne è immune nemmeno il regista di un capolavoro sperimentale come Tron: Legacy, sebbene le invenzioni e l'audacia audiovisiva di quel film qui siano lontane. Oblivion riconduce il genio di Joseph Kosinski dentro il sistema hollywoodiano più canonico e incanala le sue intuizioni fantascientifiche in uno svolgimento più consueto, specialmente per ciò che riguarda la figura del protagonista, il cui carattere e il cui percorso appaiono modellati sul corpo, sui trascorsi e sulla carriera di Tom Cruise.
Benchè non si tratti di un sequel, Oblivion attinge a piene mani dall'immaginario della fantascienza recente. Il protagonista è un Wall-E potente e avventuroso che gira per una Terra distrutta, lavorando come ripulitore, raccogliendo scarti del mondo che fu per riunirli in una casa/museo mentre sogna un domani migliore nelle pause lavorative, a questo sono abbinate suggestioni da La fuga di Logan (il film) e "Modello due" di Philip Dick, aggiornate al loro rimaneggiamento operato in Moon di Duncan Jones. Inoltre, assieme al direttore della fotografia e al designer di Tron: Legacy, Kosinski descrive il suo futuro postapocalittico a colpi di architetture memori di Syd Mead e paesaggi miyazakiani, caratterizzati cioè da una rivolta della natura e una sua riconquista del pianeta in seguito ai postumi della guerra e degli eccessi umani. L'elenco dei riferimenti potrebbe andare avanti a lungo ma per fortuna non è nei debiti che si misura la forza del film.
Come la miglior fantascienza Oblivion sfrutta un contesto avventuroso per affrontare la dialettica tra speranze e timori per quelle evoluzioni dell'uomo e del pianeta che è possibile intravedere oggi, e lo fa attraverso il rapporto che egli intrattiene con la tecnologia e le sue possibilità. La visione cinematografica di Kosinski rimane sbilanciata sull'audiovisivo più che sul narrativo, sempre pronta a sacrificare la coerenza e l'inattaccabilità della sceneggiatura per una trovata visiva in più, purtroppo però la "normalizzazione" di questo secondo film porta con sè anche un ribaltamento del pensiero fondante del precedente, un ritorno alla tradizione del genere, ovvero il racconto della lotta per la riconquista della supremazia dello spirito sulla tecnologia. Non viene così portato avanti quel discorso molto più moderno e attuale di riscoperta dell'umanesimo proprio dentro il tecnologico e non in sua opposizione che poneva Tron: Legacy all'avanguardia nel genere.

Bello, si perde un po nella seconda parte, ma godibile

Foto: Archivio di Carl Simon




LA MOSTRA – L’archivio di Carl Simon è un tesoro rimasto nascosto per 60 anni. Nel 2011 è stato riscoperto nella stanza di un vecchio magazzino nel quartiere di Unterbilk a Dusseldorf: circa 23.000 diapositive in vetro, in grandissima maggioranza colorate a mano, perfettamente conservate in 200 scatole di legno, 2 proiettori originali, attrezzature e numerosi scritti utilizzati durante le proiezioni in pubblico. Carl Simon (1873 – 1952) comincia a occuparsi di fotografia collaborando prima con la compagnia tedesca Liesegang quindi fondando una propria società, la Lichtbild-Anstalt Carl Simon & Co., che forniva servizi alla nascente industria della fotografia. Ben presto inizia a collezionare diapositive in vetro dipinte a mano realizzate per lo più nei primi 3 decenni del ‘900. Ha un progetto in testa: mostrare le meraviglie del mondo al grande pubblico. Allestisce perciò uno spettacolo – composto di foto proiezioni, musica e un testo recitato – che porta in giro per i cinema tedeschi. Quando muore è il figlio Heinz a portare avanti la tradizione di famiglia fino alla diffusione di massa degli apparecchi televisivi alla fine degli anni ’60. Le immagini, mirabilmente dipinte a mano dagli artisti dell’epoca, portano il pubblico in viaggio in Europa (Germania, Italia, Francia, Olanda, etc.), America (U.S.A e Brasile), Africa del Nord (Egitto, Marocco), Estremo Oriente (Cina, Giappone), Tibet e India. La mostra “Carl Simon. The Collection” ne espone una selezione in anteprima per l’Italia.

Foto: FRANCO BACOCCOLI LUCI & CHIARORI NEL BUIO






L’EVENTO – A La Casa di Vetro di via Luisa Sanfelice 3 sabato 20 aprile dalle 11.00 alle 20.00 (ingresso libero) si inaugura la mostra in anteprima “Franco Bacoccoli. Luci & Chiarori nel Buio”. In programma fino al 28 aprile, organizzata da EFF&CI – Facciamo Cose e curata da Federica Candela, l’esposizione si compone di 51 foto a colori realizzate esclusivamente di notte. Franco Bacoccoli, giornalista rock, si è avvicinato alla fotografia solo recentemente. Inizialmente fulminato da Helmut Newton, successivamente ha imparato ad apprezzare i soliti sospetti: da Man Ray ad Henri Cartier-Bresson passando per Robert Doisneau, Robert Capa, Mario Giacomelli, Gianni Berengo Gardin, Bert Hardy, Elliott Erwitt, Alfred Stieglitz e Robert Mapplethorpe. Ma non sono i soggetti tipici di questi autori ne il loro stile ad aver ispirato Bacoccoli quando ha deciso di dare libero sfogo alla sua passione e al suo talento. Infatti ad avere avuto uno straordinario potere di attrazione su di lui sono stati i paesaggi urbani notturni, quasi sempre privi di presenza umana ma resi vivi dalle luci dei negozi, delle macchine, delle case in lontananza, dei lampioni delle strade. Delle atmosfere notturne si è innamorato durante un viaggio a New York. Come lui stesso racconta: “Mentre giravo per la città sono rimasto affascinato dalle luci e dai bagliori delle notti di Brooklyn. Ho iniziato così a fotografare rigorosamente di notte”. Soggetti quasi esclusivi delle sue immagini sono le quattro città che più lo affascinano: Vienna, Londra, Milano e New York. Le visita in compagnia solo della sua fida reflex, tenuta sempre in un buffo tascapane dell’esercito svedese. Le sue incursioni urbane notturne durano in genere due giorni, o meglio due notti, nel corso delle quali stabilisce di visitare un certo numero di quartieri. Ma regole e programmi finiscono qua: poi, sul campo, esiste solo la casualità. A comandare è la suggestione, la componente onirica, elementi fondamentali del suo lavoro. Il soggetto non conta. “Le luci che mi attirano – spiega – sono quelle che suggeriscono aloni di mistero, di solitudine, di immaginario. Sono quelle in grado di evocare lontananze, di ritagliare spazi gentili di quiete nell’immobilità della notte”.

EFF&CI – FACCIAMO COSE – “Siamo un gruppo di persone che pensa al lavoro come ad un momento di condivisione di idee e di energie. Abbiamo creato Eff&Ci per realizzare uno spazio dove sia possibile a tanti crescere e sperimentare. La nostra attività ha una forte connotazione etica che ci guida nella ricerca delle collaborazioni: in un mondo dove forse le speranze si sono attenuate, vogliamo far partire nuove scintille”. EFF&CI – Facciamo Cose fornisce servizi a chi opera nella cultura e nel sociale come enti pubblici e associazioni e propone agli artisti emergenti, che cercano luoghi per farsi conoscere, dal semplice supporto alle loro esigenze espositive fino alla progettazione, cura, allestimento e promozione delle loro mostre.

giovedì 25 aprile 2013

In Bicicletta: Da Gorzonzola a Cassano d'Adda lungo il Naviglio Martesana


Noi abbiamo fatto solo il tratto Gorgonzola - Cassano, per completare il percorso iniziato l'anno scorso
Da Milano
 a Cassano d'Adda lungo la pista ciclabile
passando per Vimodrone, Gorgonzola, Inzago, Cassano d'Adda e ritorno.
La pista ciclabile è percorsa da famiglie in bicicletta e da tranquilli passeggiatori, occorre quindi procedere sempre prudentemente a velocità moderata. Non è un percorso adatto all'allenamento per cicloamatori.
  
Km totali61
  
Dislivello35 metri
  
Indice difficoltà32 (Indice di difficoltà considera chilometri e dislivello (100 km dislivello 1.000 metri IND. DIFF.=100)
  
Percorsolungo la pista ciclabile del naviglio Martesana: Milano (via Emilio De Marchi zona Greco), Milano (Via Padova e Via Idro), Vimodrone, Gorgonzola, Inzago, Cassano d'Adda (frazione Groppello) e ritorno.
 
SaliteIl percorso non presenta salite, ma qualche saliscendi con leggere pendenze.
Biciclette consigliateIl percorso è adatto alle bici da corsa, alle mountain bike ed anche alle bici da turismo.
Naviglio Martesana a MilanoIl naviglio della MartesanaProgettato da Leonardo da Vinci ed inaugurato da Lodovico il Moro nel 1496, il naviglio della Martesana serviva a congiungere la città di Milano all'Adda e quindi al lago di Como. A partire dal 600 sulle sue rive sorsero alcune stupende ville patrizie, sedi di vacanza dei nobili milanesi. Sfociava a Milano, mescolandosi con le acque del Seveso, nel bacino detto "il tombone di S.Marco ", ove, esisteva un laghetto da cui aveva origine la fossa interna. Il ponte di S. Marco, detto anche"ponte delle gabelle" dal nome della località (per quel ponte medioevale che scavalcava il canale in Via Montebello), fu uno dei centri portuali più frequentati dai milanesi.
Il naviglio Martesana a Milano, zona Crescenzago.
 
 
Tabella del percorso
 
 Tempi alla media di
PercorsoAltimetriaKm parz.Km tot.15 Km / h20 Km / h25 Km / h







Gorgonzola133001h 10'55'45'
Inzago1387,67,635'1h 20'1h 5'
Cassano d'Adda (fraz. Groppello)1334,211,850'1h 30'1h 15'
Inzago1384,216,01h   051h 40'1h 25'
Gorgonzola1337,623,61h 40'2h 05'1h 45'







lunedì 22 aprile 2013

Milonga: Biko

Dopo una breve scappata all'Epoca Tango per vedere chi c'era, di corsa al Biko.
Al solito energia a palla. Bella serata, che lascia accaldati ma carichi.

sabato 20 aprile 2013

Teatro: Odissey, regia di Bob Wilson




Un poema epico antico, un regista americano, un drammaturgo inglese e una compagnia di attori greci. Gli ingredienti della ricetta Odyssey paiono, almeno sulla carta, piuttosto contraddittori e dissonanti.

L’esito della coproduzione tra il Piccolo e il Teatro Nazionale di Atene è invece uno spettacolo armonioso e unitario: Bob Wilson si mostra capace di amalgamare e fondere ogni aspetto, trasformando in punti di forza tutti i potenziali limiti. Primo tra tutti, una lingua largamente ignorata come il greco moderno: non pochi spettatori storcono il naso all’idea di dover seguire tre ore di spettacolo con uno sguardo costante ai sovratitoli. Eppure il suono delle voci avvolge il pubblico con dolcezza, i noti nomi odissiaci acquisiscono una sonorità misteriosa e arcaica, e l’ascolto di una lingua sconosciuta non pare più così ostico. Forse non è dettaglio privo di importanza che il greco sia estraneo anche allo stesso regista: Wilson sembra dirigere la straordinaria squadra di interpreti come un’orchestra, puntando tutto sulla musicalità delle voci. La musica è del resto contributo non secondario all’allestimento: Thodoris Ekonomou interpreta dal vivo una lunga partitura composta ad hoc per Odyssey, determinando e scandendo ritmi e atmosfere, mentre i silenzi vengono interrotti da ronzii di insetti o dal rumore delle onde.


Anche la riscrittura di Simon Armitage (nata nel 2004 per il canale radiofonico della BBC) si rivela scelta felice e ben calibrata. Le vicende dell’astuto Odisseo paiono qui più snelle, ironiche, essenziali fino quasi alla schematicità, adatte al rapidissimo succedersi di immagini, suggestioni, cambi di scena. Wilson consegna dunque al suo pubblico un bagaglio non troppo ingombrante per il viaggio: un viaggio che – come può attendersi chi conosce il lavoro del regista americano – si svolge quasi tutto sul piano visivo. Il risultato è uno spettacolo lieve, che sorprende nel suo magistrale utilizzo delle luci e nel suo continuo mutare forme, registri e codici espressivi: i compagni di Odisseo si muovono come i protagonisti di un film muto, tra faccette ammiccanti e stacchi danzati, il mostro mitico Scilla ricorda un tirannosauro alla Jurassic Park, il cane Argo è una ballerina con la cresta punk, Tiresia fa venire in mentre Matrix, mentre vaticina con cappotto e occhiali da sole. A queste trovate leggere, ironiche, dissacranti, fanno eco immagini di più ampio respiro, non prive di slancio lirico; ed è un cambio di atmosfera affidato per lo più alle figure femminili, Calipso, Circe, Penelope. Le tre donne – significativamente interpretate della stessa straordinaria attrice, Maria Nafpliotou – si fondono e divengono un unico volto amato, in tutte le sue ipostasi. Wilson le rappresenta tutte e tre statuarie, intense, eteree come Isabelle Huppert nelle sue Relazioni pericolose. A sfuggire a questa iconografia fatale è invece la giovanissima Nausicaa, depositaria della narrazione di Odisseo presso la corte dei Feaci; infantile, scanzonata, sognante, la principessa non ha ancora i contorni di una donna.
Tra balletti, risate, mirabolanti artifici, la dimensione epica pare un po’ smarrirsi; ed è certo lontano da qualsiasi istanza eroica questo Odisseo greco-anglo-americano, buffo, piacione e trasformista.



Non sono mancate voci di cauta perplessità sull’operazione, che hanno sottolineato il rischio della semplificazione, la ricerca del compiacimento del pubblico, un certo gusto didattico e descrittivo; e a mostrare perplessità sono stati soprattutto i critici greci, forse sospettosi nei confronti di un texano capace di dichiarare con leggerezza di non aver letto l’Odissea se non di recente. Eppure questa Odyssey riesce a recuperare uno dei tratti cruciali e più antichi del poema epico: Omero – o chiunque ricordiamo sotto questo nome – va considerato innanzitutto un aedo, un cantore capace di ammaliare l’uditorio con le sua abilità narrative. L’Odissea affida, non a caso, un ruolo fondamentale all’atto del raccontare: in una precocissima sperimentazione del flashback le avventure dell’eroe vengono ripercorse in retrospettiva durante la sua permanenza alla corte dei Feaci. Omero inserisce poi la figura meta-letteraria dell’aedo come personaggio chiave del racconto (è la sua performance canora a svelare l’identità dell’eroe); in Odyssey il passaggio viene meno, ma Wilson sembra comunque attratto dal gioco di specchi della narrazione. In una continua eco, le peripezie di Odisseo sono riportate dalla regina Arete alla figlia Nausicaa: ascoltatrice partecipe, prima spettatrice della messa in scena.



È una fiaba raccontata a una fanciulla, questa Odyssey. Piacevole, sorprendente, non priva di aspetti ambigui e di momenti di forte inquietudine (resta in mente, come una delle scene più riuscite dell’intero spettacolo, l’angoscioso canto delle Sirene). Una fiaba che afferma il piacere e l’importanza del raccontare con grazia e sapienza, come arcaici aedi: una capacità, questa, che va senza dubbio riconosciuta a Bob Wilson.


Maddalena Giovannelli
Stratagemmi



venerdì 19 aprile 2013

California Bakery - Via Tortona 28


Ultimo aperto della catena, risente forse della scarsa esperienza.. Le birre in menu non ci sono (nessuna), cosi come i tea consigliato.
Il bagel è sufficente, forse sapeva di poco. Anche l'hamburger non sa di troppo.
Torte nella media.
Da rivedere, quello di S. eustorgio è un'altra cosa..

giovedì 18 aprile 2013

Milonga: Milonga Bigonga all' Item

Provo questo nuovo locale, che in verità è una specie di pub con due salette dove si puo ballare.
deserto all'arrivo, popolato solo da quelli che penso siano gli allievi della scuola, comunque gente mai vista.
Si riempe verso mezzanotte, ora in cui però devo andare via. Mi dicono che poi è stato divertente,
Io non amo questi posti prestati al tango, quindi non so se ritornerò.


martedì 16 aprile 2013

Milonga: Biko

Sempre grande!
Temperatura tropicale ma ambiente e musica sempre ai massimi.
Inizio folgorante con Barbara, discesa agli inferi con (non ricordo) ma per colpa sua, disastro con Sara (meglio alla fine ma sempre insufficente, troppa emozione), poi benino con una ragazza con cui avevo gia ballato, finale pessimo sulle note di Vuelvo al sur.
Ma chiaccherato, ascoltato buona musica, divertito molto.

venerdì 12 aprile 2013

lunedì 1 aprile 2013

biko

Un'altra bella serata al biko, con Auslander alla consolle.
Rimasto tutto sommato poco, ma divertito molto e ballato a sufficenza. Una ragazza alta, Marisa, Francesca.
C'era anche il cugino Lorenzo...