venerdì 10 gennaio 2014

Cinema: Moliere in bicicletta


Commedia in versi e in cinque atti, un omaggio al mondo del teatro e alla fragilità dei suoi protagonisti

Gauthier Valence è un attore celebre e amato dal pubblico, che lo segue appassionato in un medical drama francese. Stufo di interpretare eroi buoni di fiction televisive decide di mettere in scena Molière e di chiedere aiuto a Serge Tanneur, grande talento del teatro ritiratosi tre anni prima al culmine della sua carriera. Raggiunto Serge a l'Île de Ré, Gauthier prova a convincerlo a tornare a recitare, proponendogli "Il Misantropo", che Serge ha sempre sognato di interpretare. Adulato e lusingato, Serge fa resistenza e chiede a Gauthier qualche giorno di prova. Narcisi ed egoisti, decidono di fare a turno la parte di Alceste, il protagonista innamorato di Celimene e amico di vecchia data di Filinte. Alternando il ruolo di Alceste con quello di Filinte e ripetendo fino allo sfinimento la scena uno dell'atto primo, Serge e Gauthier arrivano al termine della 'recita' e a un passo dal capirsi. Ma l'incontro con Francesca, una bella italiana divorziata, sconvolgerà il loro equilibrio, scompaginando testo e vita.
Commedia in versi e in cinque atti, "Il Misantropo" è la storia di un uomo intransigente, che rifiuta l'ipocrisia ed esibisce una rigida rettitudine che si ripete 'per principio', allontanandolo dal mondo e dalle relazioni umane. E come l'Alceste di Molière, Serge Tanneur si è congedato dalla mondanità e dai riflettori, ripiegando nella solitudine e nella lagnanza, da cui lo stana Gauthier Valence. Scorbutico, geloso e crudelmente sincero, il personaggio di Fabrice Luchini trova in Lambert Wilson un'antagonista all'altezza, con cui provare e (ri)provare a se stesso di essere il migliore. Portatori di una comicità corrosiva, Luchini, saturo di bile nera, e Wilson, pieno di vanagloria, interpretano a turno l'Alceste molièriano, esibendo la dimensione atemporale del suo carattere e la modernità dei suoi difetti. Nato dall'ossessione di Fabrice Luchini per il commediografo francese, Molière in bicicletta è una commedia che mette in crisi, ridicolizzandoli, gli automatismi su cui la società (dello spettacolo) si fonda.
Confrontando due attori diversi per fama e formazione, uno si è ritirato dal mondo e non scende mai a compromessi, l'altro vive nel mondo a cui si adatta attraverso il compromesso, Philippe Le Guay realizza un omaggio al mondo del teatro e alla fragilità dei suoi protagonisti, battuti dal vento dell'Atlantico e trionfanti sulla metrica francese. Lo schema ritmico della commedia è alessandrino e fedele alla musicalità del poeta, al cui servizio si mettono Luchini e Wilson, entrando in comunicazione col movimento creativo del testo originale. Sul divano o in sella alla bicicletta del titolo, Serge e Gauthier declamano versi e incarnano la 'cattiva piega' dell'anima, infilando curve senza freni e specchiando l'uno nell'altro la propria crisi e i propri fallimenti. Alla ricerca di una felicità che si allontana, si spingono a largo fino a un irrecuperabile distacco, che arena Serge sulla spiaggia e 'inciampa' Gauthier sul palcoscenico. Le parole, quelle in versi e quelle in prosa, servono da travestimento della realtà e da segno di riconoscimento ma pongono continuamente a rischio il suo disvelamento.
La pièce ripetuta e ridetta non è altro che il riflesso di un'altra messa in scena, fatta degli scambi interminabili e delle piccole ipocrisie dei protagonisti, scambi che tradiscono un presente cupo e cercano una rivalsa nella creazione artistica, che al contrario non salva nessuno e dice a ciascuno il fatto suo. Nella forma cortese di Molière o in quella leggera di Jimmy Fontana, che mette in guardia sulla volubilità dell'uomo e la mobilità del mondo.

Divertentissimo.

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