mercoledì 11 luglio 2012

Sister - un film di Ursula Meyer



Il dodicenne Simon vive nella vallata industriale ai piedi di un altipiano sciistico di lusso. Condivide l'appartamento popolare con la sorella maggiore, Louise, che non ha un lavoro. Nessuna traccia, invece, dei genitori. Simon procura il cibo e i soldi che servono per vivere ad entrambi vendendo ai suoi coetanei sci, guanti e occhiali di valore, che ruba nel corso delle sue trasferte quotidiane in alta montagna. Ruba anche su commissione, l'attrezzatura della marca richiesta.
Ursula Meier ambienta la sua opera seconda nuovamente su un confine, questa volta più abituale, meno insolito rispetto al tratto di autostrada di Home, ma anche più manicheo e drammatico.
Il film procede testardo, come la convinzione di Simon di poter vivere con i proventi dei furti stagionali, mangiando i panini estratti dagli zainetti dei piccoli turisti, fino a che un colpo di scena non riscrive improvvisamente la situazione, rendendo la lotta quotidiana del bambino più toccante che biasimabile. La struttura, quasi a dittico, ricorda non a caso quella del Matrimonio di Lorna dei fratelli Dardenne, non nei contenuti ma in ragione di quella cesura così netta e posizionata molto in avanti. E i due fratelli belgi sono chiaramente anche gli ispiratori primari di questo genere di dramma, che non sconfina mai nel melodramma ma si muove per tutto il tempo teso sul bordo dello stesso, votato all'asciuttezza e radicato fortemente nel terreno delle disuguaglianze sociali.
La bella Léa Seydoux si rende credibile nella sua trasformazione in ragazza senza un soldo e senza una arte né parte, il che non è poco, e allo stesso tempo non ruba la scena al vero protagonista del film, Kacey Mottet Klein; ma ci sono aspetti che non sono altrettanto credibili, su tutti la complicità di Simon con il cuoco inglese.
In conclusione, però, non è la mancanza di sincerità il rischio primario in cui incorre il film, bensì quello di non andare mai abbastanza oltre la cronaca naturalistica dei fatti. L'ironia tragicomica di “Home” è quasi del tutto assente ma, nonostante il tragico non sia giustamente il registro di questo lavoro, non c'è altro a sostituirlo, nemmeno la tenerezza che i Dardenne hanno recentemente rivelato nel Ragazzo con la bicicletta. L'autrice avrebbe fatto meglio a cercare maggiormente se stessa, anziché emulare un modello altrui.

Film un pò deludente, noioso a tratti, anche se l'ansia per il destino del piccolo protagonista non ti abbandona mai.

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