domenica 3 gennaio 2016

Cinema: Mr. Holmes - Il mistero del caso irrisolto

Locandina italiana Mr. Holmes - Il mistero del caso irrisolto


Un film estremamente canonico che decostruisce la mitologia per poi riaffermare il potere della leggenda sulla realtà
Gabriele Niola      *  *  -  -  -


Ritiratosi da tempo in una casa di campagna e abbandonata ormai la professione, Sherlock Holmes è un anziano che lotta con la perdita di memoria e le difficoltà di una vita senile. C'è però ancora qualcosa che deve scoprire, un dettaglio nella sua memoria che non riesce a mettere a fuoco, relativo alla maniera in cui ha chiuso la sua carriera. Un disastro con le api della sua coltivazione, un non ben chiaro viaggio in Giappone e il rapporto con la donna che bada alla casa e il suo bambino, condiscono questa ricerca privata.
Lo Sherlock Holmes di Bill Condon viene dal romanzo "A slight trick of the mind" di Mitch Cullin, non ha mai portato il caratteristico berretto che conosciamo, non fuma la pipa ma preferisce le sigarette e, ormai anziano, non sopporta vedere se stesso nelle molte versioni per il cinema, piene di bugie; non è insomma lo Sherlock dei racconti di Watson ma uno più terra terra. Si tratta del primo scarto dal mito verso un ipotetico realismo che caratterizza un film che programmaticamente decostruisce la mitologia per poi riaffermare (con rinnovato ardore) il potere della leggenda sulla realtà.
Ian McKellen è il centro di tutto e mette in campo un vasto repertorio di anzianità esasperata: boccheggia, guarda nel vuoto, mostra momenti di totale assenza, arranca e tutto d'un tratto riesce ad animarsi di grande forza fisica per sforzi momentanei. L'attore mette in mostra se stesso e il suo mestiere, l'esagerazione della mimesi e la sostituzione tra personaggio (quello che dovremmo illuderci di guardare, cioè Sherlock Holmes) e il suo interprete (quello che in ogni momento la prestazione sopra le righe ed autoriferita di Ian McKellen ci ricorda che stiamo in realtà vedendo). Questa però è l'unica realtà che non si dovrebbe sostituire al mito, anche perchè il film di Bill Condon è molto lontano dal voler tentare un audace esperimento di linguaggio e anzi è estremamente canonico e smielato nel cercare l'approvazione del suo pubblico.
Mentre con una mano distrugge il mito di Holmes, privandolo del famoso intuito, sottraendogli le caratteristiche investigative, mettendolo al centro di una trama che non ha nulla a che vedere con quelle cui è abituato, Bill Condon, con l'altra, pone il detective in condizione di operare egli stesso una scelta tra verità e leggenda (o sarebbe meglio dire menzogna). Nella grande indagine all'interno di se stesso e della sua memoria (un espediente insipido a vedersi così come a leggersi) Sherlock comprende che forse la scoperta finale, lo svelamento del mistero, non dev'essere divulgato e anzi merita di essere imbellettato con una bugia.
Per tutto il corso di quest'avventura, che non è tale, Condon non contempla la terza età ma la edulcora, affiancando al protagonista il più scontato dei bambini dagli occhi appassionati e mettendo i due in un rapporto affettivo che vivrà anch'esso la sua rottura e ricomposizione. Si manifesta così l'atto finale della distruzione di Holmes, già privato di tutto ciò che lo rende unico e poi massacrato anche nel carattere, fino a diventare un personaggio come tutti gli altri, privo di qualsiasi originale spigolosità e buono per rassicurare chiunque.

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