lunedì 28 marzo 2016

Cinema: Ave Cesare


Il primo film dei Coen che mi piace: un divertissment ben recitato, ben diretto, ben montato.

I Coen trasformano un dibattito teologico in un mare di risate, senza mai smettere di far pensare
Giancarlo Zappoli      *  *  *  1/2  -


Mentre sull'atollo di Bikini gli Stati Uniti sono impegnati con gli esperimenti sulla bomba H, a Hollywood Eddie Mannix si deve occupare di trovare una soluzione ad un altro tipo di problemi. Eddie è un fixer, cioè colui che deve tenere lontani dagli scandali in cui si vanno a ficcare le star che stanno lavorando ai film di un grande Studio. Deve quindi far sparire foto osé e cercare di camuffare gravidanze fuori dal matrimonio. Quando poi accade che scompaia il protagonista di un film su Gesù, nei panni di un centurione romano, la situazione si complica. Anche perché costui è stato rapito da un gruppo di ferventi comunisti.
Sono davvero pochi i registi in attività forniti di una solida conoscenza di tutti i generi cinematografici e della loro evoluzione nel corso della storia del cinema. I fratelli Coen fanno di diritto parte di questa ristretta cerchia. Il loro pregio ulteriore è quello di saperli declinare secondo letture che vanno dal dramma di impianto intellettuale alla commedia più brillante. 
Nell'ormai lontano 1991 (datazione che ci offre la misura della loro tenuta) la vicenda hollywodiana dello sceneggiatore Barton Fink finiva tra fiamme allucinatorie. Oggi il fil rouge di critica allo star system si è affinato grazie ad un'ironia che non nasconde l'amore per il cinema del passato ma lo depura da qualsiasi sospetto di nostalgia rétro. Le vicende del cattolicissimo Eddie Mannix (che confessa anche quante sigarette fuma di nascosto) ci fanno entrare in un mondo che ci ricorda ciò che affermava un vero sceneggiatore, Ben Hetch: "Io odio gli attori!". Qui sono tutti adatti a un ruolo ma goffi e incapaci di vivere o di accettare possibili mutamenti di caratterizzazione. Su tutti emerge il Baird Whitlock di George Clooney tanto abile sul set (anche se con qualche fondamentale defaillance) quanto capace di farsi incantare da abili mistificatori. 
Tra fondali finti e improbabili farm del West, i Coen ci ricordano anche come la fabbrica della finzione si nutra di un pubblico che ha fame di affabulazioni che stanno dentro e fuori dallo schermo. A quelle 'fuori' pensano le due gemelle giornaliste, interpretate da Tilda Swinton, sempre a caccia di quegli scandali che Eddie deve coprire per contratto. Così i due fratelli ci spingono a considerare quanto siano cambiati i costumi: oggi gli scandali delle star del mondo dello spettacolo non si nascondono, si creano ad arte. Sanno però fare anche molto di più: chi pensava di non poter assistere nella vita a un dibattito teologico e/o a uno sul materialismo dialettico senza annoiarsi profondamente sarà costretto a ricredersi. Anche perché se nel film precedente (A proposito di Davis) il gatto la faceva da padrone qui, davanti a un cane che si chiama Engels, non si può fare a meno di divertirsi sapendo che, come sempre con i Coen, non si sta smettendo di pensare.


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