sabato 29 dicembre 2012

Cinama: Love is all you need



Ida ha avuto un cancro al seno e, nonostante la chemioterapia sia terminata, le sue paure non sono finite. Alla vigilia del matrimonio di sua figlia Astrid in Italia, scopre che il marito, che credeva un sostegno sicuro e incrollabile, l'ha sostituita con una collega senza troppo cervello. Come se non bastasse, la sua auto si avventa in aeroporto contro l'auto del padre dello sposo, ammaccandola brutalmente e scatenando la sua ira. Ma Philip è un uomo che ha represso la rabbia troppo a lungo e Ida è la donna che sta per cambiarlo per sempre.
"Non tutto il male viene per nuocere" sarebbe una tag-line azzeccata per chi volesse sintetizzare al massimo Love is all you need , film che s'inscrive nel genere "sentimentale" ma nel quale la commedia abbonda, a tratti ironica e a tratti usurata.
Chi ama Susanne Bier, per il rapporto diretto, paritario e senza maschere, che donne e uomini instaurano nei suoi film, tanto nei momenti drammatici quanto in quelli più leggeri, e per il rifiuto del romanticismo facile se non del romanticismo tout court, troverà tutto ciò, piuttosto incredibilmente, anche in questo racconto ambientato dentro una cartolina di Sorrento, sotto le note di "That's amore". Perché è evidente che dentro la cornice della fiaba hollywoodiana, per di più nella declinazione della vacanza da sogno, non sono pochi gli elementi di "disturbo" inseriti da sceneggiatore e regista con un sorrisetto di complicità. E tuttavia, chi invece si accosta al cinema della Bier con un leggero timore, memore di quasi tutto ciò che è venuto dopo Non desiderare la donna d'altri, troverà ugualmente pesanti conferme. Perché anche in questa lettura mai cinica ma spesso amarognola del romanzo rosa, che ruba le gratificazioni ai ventenni per restituirle a personaggi di un'età ben più avanzata, la tentazione di strappare al pubblico la lacrima, pungendolo là dove la debolezza è al limite del ricatto emotivo, è qualcosa a cui la Bier non resiste ed evidentemente la penna acuminata di Anders Thomas Jensen questa volta non può più di tanto.
La presenza di Pierce Brosnan, poi, se da un lato supporta il gioco interno al film contribuendo a lungo ad alimentare l'impressione di essere di fronte ad una fotocopia di Mamma Mia (ed è un giochino sterile per non dire fastidioso), dall'altro, nonostante dia riprova della sua statura attoriale, indebolisce in un colpo solo tutto quello che di autentico c'è nel film, sotto i colori di plastica e le metafore degli innesti tra arance e limoni. La Ida di Trine Dyrholm, infatti, è un personaggio che poteva essere davvero nuovo nel contesto di genere in cui è calato, però Brosnan è un principe troppo azzurro perché la credibilità del tutto non ne risenta irrimediabilmente.

La prima impressione è di un remake di "Mamma Mia", sarà per l'ambientazione od il protagonista. Filmetto, cosi cosi.

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